IL SEGRETO DELL’ANTICO BORGO SAN CRISTOFORO;UNA CHIESA,UN PALAZZO E UN CONVENTO.

IL CONVENTO

A volte la vita sa sorprenderti e regalarti attimi di entusiasmente mistero proprio quando meno te lo aspetti.
A noi è capitato un giorno imprecisato di un inverno di qualche anno fa.Camminavamo nei pressi della chiesa di San Cristoforo al Naviglio,all’incrocio tra Via Pestalozzi e Via Ludovico il Moro.

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Dopo un primo sopralluogo all’interno della chiesa stavamo cercando informazioni e leggende di quartiere,parlando con gli anziani del posto,nati e cresciuti in quelle vie, unici veri detentori di quelle storie mai dette o appena sussurate che non trovi nemmeno nei migliori libri di storia locale.
Ci dirigemmo al civico 9 di Via Pestalozzi per cercare di vedere ciò che rimaneva di un’antico convento di monache,col tempo declassato a cascina,poi a lavanderia e oggi riutilizzato a scopo abitativo.

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Dall’esterno la Cascina Palazzo (cosi è nota agli abitanti della zona) ha ormai totalmente perso tutta la sua antichità e sono scomparsi totalmente i robusti contrafforti che fanno pensare che questa antica residenza convettuale sorvegliasse,in origine,l’accesso all’antico borgo di San Cristoforo.
All’interno la situazione è quella di un complesso abitativo misero e scialbo che conserva solo nel portichetto loggiato attribuile al quattrocento lombardo la sua storia gloriosa.A pian terreno sono presenti pedestri colonne in serizzo arricchite da capitelli a palmette,mentre al primo piano corre un colonnato più minuto in arenaria con capitelli arricchiti da scudi araldici.Sul parapetto si nota un affresco piuttosto malconcio raffigurante una serie di mostri marini al galoppo,uno è cavalcato da una formosa ninfa marina.
Giunti in prossimità di un cortile ove lavorava un’anziano corniciaio che aveva aperto li bottega ci decidemmo ad entrare per chiedere qualche informazione in più,con la speranza di ottenere qualche particolare sulla storia di quei luoghi.
Era costui un tipo tranquillo, ma geniale a suo modo. Sotto gli occhi e fra le mani gli erano passate migliaia di tele. Fossero croste o capolavori, il suo lavoro era stato sempre a regola d’arte; la referenza professionale di cui andava più fiero. Inoltre lo si poteva considerare la memoria storica del borgo, perché ne sapeva tutto, e lo raccontava volentieri.
Mentre parlava ci portò in un locale pieno di cornici accatastate una sull’altra,tanto da sembrare legna da ardere senza nessun valore e ci mostrò un gran camino dismesso, dipinto con simboli marinari, che ci dicesse celava un mistero; forse proprio da lì le suore del convento scomparso potevano raggiungere nottetempo la chiesa di San Cristoforo attraverso un passaggio segreto sotto il naviglio, senza uscire dal convento-Palazzo.

LA CHIESA

La chiesa dedicata a San Cristoforo rimane uno dei monumenti più importanti della storia milanese,luogo di numerosi fatti storici è purtroppo totalmente tagliata fuori da ogni giro turistico e culturale della città.

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Sorta sui resti di un tempio pagano posto sulla strada antica che portava da Milano alla Lomellina e precisamente a Vigevano era quindi inserita in un’importantissimo crocievia aquatico dell’epoca.
Secondo la tradizione e alcuni spunti storici la chiesa è stata eretta sulle fondamenta di un tempio pagano e l’intestazione a San Cristoforo può essere letta come una sostituzione cristiana del mito pagano di Ercole.
Infatti in greco il nome Cristoforo significa “portatore di Cristo” e la leggenda vuole che Cristoforo( il cui nome prima della conversione era Reprobus) fosse un uomo alto e dalla forza smisurata che abitava sulle rive di un fiume e che aiutava i viandati ad attraverso il fiume traghettandoli da una sponda all’altra.Una notte gli si presentò un bambino che gli chiese se potesse aiutarlo ad attraverso il fiume portandolo sulle spalle.Senza esitazioni prese il bimbo sulle spalle e cominiciò ad attraversare il fiume quando si rese conto che nonostante il bimbo fosse esile e piccolo era troppo pesante anche per la sua forza.Meravigliato Cristoforo si rivolse al bambino chiedendogli chi fosse e questo gli rispose che era Gesù e gli profetizzò il suo martirio.Va anche ricordato che San Cristoforo è uno dei quattordici Santi detti “ausiliatori” (“che recano aiuto”), particolarmente invocati in occasione di gravi calamità naturali o per la protezione da disgrazie o pericoli specifici e anche la regina Margherita nel 1398 ne sostenne l’invocazione durante la peste.
La chiesa si presenta oggi come una chiesa unica a doppia navata ma in realtà è composta da due piccole chiese affiancate e che in tempi non molto lontani erano separate all’interno da un muro o da una cancellata.
La chiesa più antica,quella di sinistra,è d’ossatura romanica testimoniata alla fine del XIII secolo nel Liber Notitiae, ma è forse ancora più antica.
Costituita da una semplice autla rettangolare con mattoni a vista termina in un abside semicircolare con il frammentario fregio ad archetti pensili intrecciati (‘aggiunta tardoduecentesca) ed è coperta da un soffitto a travi lignee che coprono la più antica copertura a capriate.
Nel 1363 fu annesso alla chiesa un’ospedale per il ricovero dei pellegrini e in quel contesto verreno fatte alcune modfiche e migliore alla chiesa tra cui spicca ancora oggi un’elengatissimo portale in terracotta inserito inun arco a sesto acuto appena accennato e sovrastato da un rosone a raggiera intrecciata pure in cotto lombardo.
La seconda chiesa venne affiancata a quella più antica su volere di Gian Galezzao Visconti che volle erigere la chiesa a titolo di cappella ducale come voto per la cessazione della peste che a quel tempo mieteva a Milano migliaia di vittime.
L’edifico certamente concluso nel 1404 come testimonia la lapide inserita nella facciata.
Sempre ad aula unica con divisione in due campate quadrangolari e un piccolo coro con copertura a crociera con costoloni la seconda chiesa presenta verso sud una facciata a capanna con un netto verticalismo,stretta tra due ali di contrafforti è ornata da un piccolo portale e da due monofore archiacute.
Presenta pareti in cotto scandite da lesene sia internamente che esternamente e nel suo complesso strutturale richiama alla mente il modello di Sa. Gottardo in corte a Milano.
Nel suo insieme l’intero complesso è visto come il prototipo della “chiesa doppia” di cui esistono vari esempio a Milano (Santa Maria Incoronata su tutti).
Un terzo edifico più recente,costruito nella prima metà dei seicento,è costituito da un’ossario ottagonale.
vogliamo sottolineare un fatto apparentametne secondario ma che a secondo noi notevole importanza nella nostra ricerca nella chiesa.
Oltre ad essere a pochi metri dal naviglio grande corre alle spalle della chiesa il fiume Olona che in passato creò numerosi problemi tanto che lo stesso Leonardo lavorò ad un assetto ingegnieristico dei corsi d’acqua.
Nei periodi di forti piogge le acque straripavano e allagavano sempre la chiesa tanto che intorno al 1500 fu deciso di alzare la pavimentazione di ben 80 cm.
Che la tomba,mai trovata,di Matteo Visconti,sepolto fuori le mura di Milano perchè scomunicato,si trovino ancora la sotto come alcune testimonianze storiche raccontano?
Secondo le voci degli anziani che frequentano la chiesa da decenni e raccolgono a loro volta i racconti dei loro nonni un’accesso al tunnel cne corre verso il convento di Via Pestalozzi era posto in passato nel giardino piccolo che si trova sul retro della chiesa e che in passato era zona cimiteriale,si sussurra fosse celata sotto una falsa lapide.La nostra opinione è invece un’altra ma preferiamo non renderla nota finchè non avremo prove tangibili atte a dimostrare il nostro pensiero.

IL PALAZZO

Ripassati sulla sponda destra del naviglio,dopo aver superato l’antica stazione delle lavandie oggi rifatta in cemento e non più utilizzata giungiamo,girando a sinistra,in via Morimondo.Ci soffermiamo con interesse sul civico numero 9,è questo ciò che rimane della Villa San Cristoforo nota anche come Villa Pesci.Il portale di ingresso risulta murato e cosi è scomparso il muro di cinta che proteggeva l’edifico.
Attraversato lo sconcio cortile di una cascina oggi scomparsa si accede all’antica corte di onore di una casa padronale tardo quattrocentesca oggi frazionata in appartamenti.
Qui una sobria loggia a due archi sormonta ,caso assai inconsueto nell’ architettura lombarda del tempo,l’androne con volta a velette ed eleganti stucchi ,che vi disegnano un ampio scudo araldico con tre pesci ,stemma per ora non decifrato ,degli antichi proprietari.Sul lato opposto della corte accanto alla cappella oggi ridota ad abitazione un sonstuoso portale tardo secientesco,oggi mnurato,dava adito ad un viale diretto al naviglio.
Vivaci affrechi conferiscono poi garbata eleganza all’intero fabbricato,oggi soffacota dalla morsa di cemento ,e di cui acuni dentelli di cotto su un fianco sembrano confermare la datazione quattrocentesca.

LE NOSTRE CONCLUSIONI.

Nella villa San Cristoforo abbiamo notato,anche se appena accennati,alcuni fregi a chiaro a soggetto fluviale che richiamano indiscutibilmente alle decorazioni con analoghi soggetti visti nell’ex convento di Via Pestalozzi.Questo ci ha fatto pensare ad un unico possibile proprietario.Da alcuni documenti pare infatti che il signore che fece erigere la villa fosse zio della Badessa del convento.
Il tunnel segreto era quindi,a nostro parere,utilizzato come collegamento segreto tra la chiesa di San Cristoforo,il convento delle monache e una deviazione verso ovest girava verso le cantine o verso la cappella privata del palazzo.
Cosa dire poi del possibile proseguimento verso altri importanti edifici storici della zona?
E del fantasma che pare infesti ancora oggi i resti del chiostro del convento scomparso?
Molti testimoni dichiarano di aver visto una monaca che all’alba passeggia con il suo vestito bianco e il suo enorme cappellone e si affaccia al davanzale delle finestre del primo piano…..

Federico P.

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Un castello,un monastero e un tunnel segreto.

“Item quo nulla persona cuisivis, conditionis exislat audeat,vel presumat,equitare vel carezare,vel arare aliquam stratam nostram”.
Con quest’ordine perentorio,ora conservato nei registri civici,datato 25 settembre 1395 si proibiva di raggiungere la strada maestra che collegava Baggio a Cusago affinchèla “strada particolare del principe” non venisse da nessuno percorsa a piedi, con cavalli ,carri e tantomeno aratri.
Questa via “privata” ancora oggi esistente per un lunghissimo tratto,ha perso nel tempo tutta la sua importanza ed è stata declassata,dopo la costruzione della nuova via Cusago,a stradina di campagna ad uso secondario,principalemtne agricolo.
Ma dietro ad una proibizione cosi banale quale mistero di nasconde?
In passato,durante le fasi di costruzione delle grandi arterie viarie che oggi caratterizzano la zona,pare siano state trovate tracce di un antico tunnel sotterraneo,molti operai si sono imbattuti nella volta a botte in laterizio sfondata dai moderni strumenti di trivellazione e scavo.
Dove portava questo misterioso passaggio sotterraneo?da chi fu costruito e perchè?
Facciamo un passo indietro nel tempo e nello spazio e poniamo la nostra attenzione sul quartiere di Baggio,oggi appartenente alla zona 7 e noto sopratutto per essere una zona popolare spesso salita alla ribalta della cronaca per fatti legati alla piccola e grande delinquenza.
Lambito dal grande parco delle cave,uno dei maggiori polmoni verdi della città,il quartiere,spinto dall’entusiasmo di associazioni di cittadini e volontari cerca di uscire da questo turbine di violenza e degrado mettendo anche in risalto,con piccole pubblicazioni,la sua antica storia.
Ed in effetti di storia sul quartiere di Baggio c’è da raccontarne parecchia;cercheremo noi di lambire molto succintamente il suo passato per comprendere meglio da chi fu voluto e costruito il tunnel misterioso.
E’ certo che nella zona di Baggio ci furono insediamenti molto antichi,forse di origine celtica,
Conquistato dall’impero romano intorno al 221.a.c. subi,come passi,una fortissima opera di civilizzazione con la costruzione di edifici,strade e alcuni accampamenti militari tra cui si ricorda una torre di guardia/difesa posta sulla strada per Novara che forse ha dato il nome alla località(Badalocum,ovvero bada al luogo).
Questa torre fu distrutta durante una devastante e terribile invasione da parte di popoli barbari ,intorno al 881 d.c. e sulle sua fondamenta fu eretta la bellissima chiesa dedicata a Sant’Apollinare a cui fu affiancato un campanile gotico-lombardo.
Come numerose località ,durante il periodo longpbardo, Baggio, fu sede di una fara, si trattava di località agricole fortificate.
Un data importante per la nostra ricerca è il 1399,fu in quell’anno che venne costruito un monastero passato alla storia come Monastero di Santa Maria di Baggio degli monaci benedettini olivetani,noto agli abitanti di Baggio come ” el monastee”.
Fu fondato da Balzarino Pusterla, genero di Matteo Visconti(non dimentichiamolo)e membro di una antica e potente famiglia milanese,che nel monastero volle poi essere sepolto.

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La struttura era formata da tre corti chiuse,una agricola,e la chiesa che risultava però esterna al complesso.Ad ampliare la magnificenza del monastero,uno splendido giardino e una ghiacciaia assai importante. Il monastero,soppresso nel 1773 ,subi la solita ignobile decadenza che subirono molti altri monasteri e conventi nel milanese,divenne una cascina pur mantenendo la struttura originale.
Ma già dalle mappe del XIX secolo risultano scomparsi due chiostri e la chiesa.Ad oggi rimane solo l’ala orientale della grande corte acquistata dal comune di milano per farne sede del consiglio di zona.
I ricordi dei contadini che hanno lavorato fino al dopo guerra nella cascina,sono tantissimi,aneddoti,gioie e tragedie ma tutti ricchi di quella umanità che vive nei tanti racconti degli anziani che con un pò di nostalgia ci parlano non solo del loro passato ma di quel mondo che oggi non esiste più.
Cosi,tra ricordi della guerra,delle retate naziste,dei partigiani che si nascondevano nella cascina, affiorano i ricordi di misteriosi sotterranei,ampi,scuri,pericolosi.
Molti si ricordano di questi ipogei segreti,di quel tunnel che partiva dall’antica osteria e arrivava alla chiesa,lungo circa 500 metri.E a nessuno è svanito il terrore di quell’antico cunicolo che si diceva uscisse dall’antico monastero e arrivasse addirittura al castello di Cusago e dove i franchi muratori aspettavano le loro vittime,bambini e giovani donne.

Imbocchiamo il tratto iniziale dell’antica Via Cusago,che ancora ,oggi dritta come un fuso ,esce da Baggio e giungiamo nei pressi dell’antica strada oggi quasi dimenticata dal traffico e dalla gente-
Dopo alcune centinaia di metri possiamo notare sulla sinistra un grande complesso agricolo in pietoso stato,abbandonato a se stesso è ormai utilizzato dalla prostituzione come luogo di incontro e di adescamento.

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Siamo di fronte alla cascina Assiano,comune autonomo fino al 1841,e già citato in un documento del 1346 ,la cascina è del 900 d.c. ma di probabili origini romane come pare dimostrare una lapide esposta al castello sforzesco di Milano in cui è inciso ACILIANUM e che fu trovata nei pressi di Baggio.
In alcuni documenti del 1045 e 1046 Azzano ,marchese di Milano ,riconosce alla basilica di Sant’Ambrogio il possesso di beni presso Axiliano.
Lambita a est dal fontanile Gandola e a ovest dal fontanile San Martino, che nasce sotto la casa padronale nelle cantine,genialità e saggezza nel costruire degli antichi che sfruttavano il fresco del fontanile per rendere le cantine adatte al mantenimento dei viveri.
E’ presente anche un orario dedicato a S.Martino.
L’intero complesso è perfettamente allineato con il possibile tracciato del tunnel SEGRETO che usciva dal monastero di Baggio e proseguiva verso Cusago,che le voci di un cunicolo che da questa cascina arrivava a Muggiano non siano prive di fondamento???

Superata Assiano ci lasciamo alle spalle la tangenziale che devia verso sinistra ed entriamo nel territorio di Cusago.
Subito sulla destra si nota una chiesa ad aula unica con copertura a capanna. All’interno notiamo un piccolo presbiterio quadrangolare con affresco del Cristo e i quattro evangelisti .
E’ ciò che rimane dell’antica abbazia che sorgeva attorno,cuore di una vasta grangia che arrivava fino al monastero di Baggio(!).
Il complesso,noto come S.Maria del Bosco o della Misericordia,esisteva sicuramente già nel trecento e fu voluto da Bernabò Visconti e dalla moglie Regina della Scala.

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I proprietari,che amano raccontare la storia dell’abbazia,dicono che sotto la struttura esiste un tunnel segreto che arriva fino a Baggio da una parte e dall’altra giunge al castello di Cusago.

Ed eccoci a Cusago,oggi ricchissimo comune della provincia di Milano,dove spiccano ville di medie e grandi dimensioni e alcuni palazzi residenziali di fascia medio alta.A percorrere le sue strade più periferiche sembra di essere in qualche quartiere di una megalopoli americana,tutto pulito,tutto perfetto e tutto ordinato e sopratutto tutto moderno.La storia è stata volutamente spazzata via,dimenticata,calpestata e declassata a cosa di poca importanza.Solo la piazza principale del paese con la sua chiesa e il suo castello ci fa ricordare di essere in uno dei più importanti luoghi di villeggiatura e svago prima dei Visconti e poi degli Sforza.

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Eretto nel XIV secolo come residenza di campagna da Bernabò Visconti in una zona boscosa e ricca di cacciagione fu ristrutturato da Gian Galeazzo che diede ordine dei lavori a Zanino Magatti.
Filippo Maria Visconti lo cambiò invece radicalmente e costrui’ nuovi corpi di fabbrica.Sistemò la camera ducale e l’anticamera,fece rifare i camini e ornamenti alle pareti dando incarico al pittore Donato da Meda.
Rinforza la torre,le stalle e fa costruire un piccolo naviglietto per rendere il castello raggiungibile per via d’acqua da Milano.
La struttura ha quindi subito numerose modifiche ed è molto difficile avere un’idea di come fosse in origine.Come lo vediamo oggi,ingentilito,lo dobbiamo o a Ludovico il moro che fece aggiungere il loggiato sui fronti e il portico all’interno del cortile.
Leggiamo architettonicamente il tutto:un impianto quadrangolare con fronti su due piani in muratura ,grande torre a volumi sovrapposti in corrispondenza dell’ingresso ma non perfettamente centrata,finestre a sesto acuto in cotto.
La struttura oggi è in pessimo stato e numerose sono le battaglie di singoli,di associazioni portate avanti per evitare il totale sfacelo dell’antica dimora.Le vicissitudini di compra vendita,passaggi di proprietà sono numerose ed è fin troppo noioso anche solo accennarle,ma il nostro timore è che si aspetti solo che crolli tutto per costruire sulle macerie un bel complesso residenziale,uno come i tanti che ci sono a Cusago e in tanti altri comuni del milanese.

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Dalla cantine,da noi visitate insieme a tutta la struttura,si notano alcune tamponature,forse la prova che le storie di tunnel segreti uscenti dal castello in più direzioni sono reali?Quella tamponatura che trasuda umidità,li sull’ala destra del castello chiude l’accesso alla galleria di fuga verso Baggio? Quella piccola tamponatura posta sotto le antiche cucine cela l’accesso al tunnel che univa il castello alla cascina Palazzetta? antica cascina di chiaro stampo sforzesco voluta dal Moro per farci risiedere una delle sue numerose amanti?

Federico P.

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VILLA SIMONETTA E LA DOTTORESSA FRANKENSTEIN

Le fonti che avrà utilizzato nel 1818 Mary Shelley per creare ‘Frankenstein’ saranno state certamente altre, ma è indubbio che a Milano accadde qualcosa di molto simile tre secoli prima della stesura del suo celebre romanzo.

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Siamo nel Cinquecento quando Clelia Simonetta, giovane vedova, si trasferì nella villa patrizia rinascimentale voluta da Gualtiero Bescapé, Maestro delle Entrate di Ludovico il Moro (oggi Villa Simonetta, è la sede della Civica Scuola di Musica).

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Incline al divertimento, era solita organizzare feste e serate danzanti nella villa che facilmente si concludevano in vere e proprie orge.

 

Gli ospiti erano però ignari che la nobildonna Clelia celava un terribile segreto. Appassionata di scienze occulte, nascondeva infatti nei sotterranei un laboratorio alchemico nel quale conduceva esperimenti su esseri umani. Con la scusa di concedersi facilmente agli uomini, li attraeva come un ragno verso la tela alla sua villa. Sembra infatti che almeno undici suoi amanti entrarono nella Villa Simonetta per poi scomparire inspiegabilmente nel nulla. Il diabolico intento di Clelia era di dare vita ad un ‘nuovo’ essere utilizzando arti ed altre parti umane delle sue vittime.

Se esistevano prove sulla riuscita del suo esperimento, sono purtroppo state perse nel tempo come è andata persa un’altra peculiare caratteristica della villa. Il colonnato che costituiva il pian terreno era in grado di produrre un’eco che divenne celebre in tutta la città. L’eco, per ogni parola pronunciata, poteva ripetersi fino a trenta volte. Caratteristica che è stata compromessa definitivamente dai gravi danni strutturali subiti durante i bombardamenti della II Guerra Mondiale.

di William Facchinetti Kerdudo

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Terribilis est in mora.

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Esistono alcuni aspetti esoterici della città, come quelli legati alla colonna che si trova in piazza della Basilica di Sant’Ambrogio.
Agli occhi degli ignari turisti si tratta di un reperto attribuibile all’età romana, ma, in realtà, questa colonna bianca dal capitello corinzio, nasconde un’interpretazione esoterica.
Essa, infatti, presenta due fori, che hanno alimentato una tradizione molto particolare, legata al mondo cristiano.
Si dice infatti che questi due fori li abbia lasciati il Diavolo con le sue corna, in seguito ad uno scontro che sarebbe avvenuto proprio contro Sant’Ambrogio.

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Il santo, vincitore dello scontro, avrebbe scaraventato il demonio contro la colonna.
Questi due fori, sempre secondo la tradizione, proseguirebbero al suo interno verso il basso e giù in profondità fino a raggiungere l’Inferno.
Si narra che da essi provenga ancora oggi odore di zolfo, a testimonianza di queste dicerie. Non solo, esiste una tradizione che suggerisce di infilarci due dita dentro, per poter godere di buoni auspici, una sorta di rituale porta fortuna.
Avvicinando l’orecchio, invece, si udirebbero i gemiti della anime tormentate negli inferi.

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All’interno della chiesa, si trova un’altra colonna molto particolare, sormontata da un serpente in bronzo. Ma di questa, magari, ne parleremo in futuro.

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PASSEGGIATE MILANESI,VIAGGIO NELLA MILANO SCOMPARSA – PARTE 1 – IL NUCLEO DELLA MILANO MEDIEVALE

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Vorrei oggi fare con voi una visita virtuale nella Milano scomparsa.
Per iniziare questa nostra passeggiata dobbiamo però prima trovare un punto di partenza.
Identificare il “centro” di Milano è operazione tutt’altro che semplice,il nucleo della Milano più antica,punto focale irradiante di tutta la città ,è sfuggente ed atto a molte interpretazioni.
Impossibile identificarlo con il Duomo,che rimane ad oggi uno dei pochi,se non l’unico,simbolo affettivo della città, perchè ultimato troppo tardi e cosi lentamente per assumere a ruolo identificativo nella vita cittadina.
Non la piazza San Sepolcro, pur punto di incrocio del cardo e decumano della città romana.
Dopo una veloce carrellata sui maggiori monumenti della città che ci sentiamo di escludere non rimane che porre la nostra e vostra attenzione sulla piazza dei Mercanti e sul suo palazzo della Ragione.
Secondo il Fiamma intorno al 1228 furono demolite le case dei Feroldi e l’attiguo monastero delle Suore del Lentasio.
Il podestà Fabio da Brescia giurò che avrebbe subito cominciato i lavori per la costruzione del nuovo Palazzo e della cinta muraria continua che ,oltre a contornarlo ,avrebbe presumibilmente dovuto difenderlo. Vennero promesse sei porte,tante quanto erano i sestieri della città.
Dopo cinque anni si potè inaugurare il nuovo palazzo (cerimonia officiata dal nuovo podestà Oldrado da Tresseno) solariato (a due piani)il primo piano comunicava con una passerella con la casa del Podestà con carceri annesse che già occupava il recinto affacciato su Piazza Duomo.
Delle sei porte promesse ai cittadini,liberi quindi di accedere alla piazza da ogni parte della città per decidere le sorti del comune ,ne furono aperte solo cinque.
Queste ,è ragionevole pensare,che per ragioni di sicurezza venissero chiuse ogni sera e uscite da queste ci si trovava sulle strade principali delle città,quelle che allora determinavano le relative contrade.

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Passiamo ora ad elencare velocemente i tragitti che i nostri scomparsi concittadini avrebbero dovuto percorre appena usciti dalle singole cinque porte:
– attraversato il portone di S. Ambrogio ,detto anche della peschiera vecchia,che era allora appoggiato di sbieco contro lo spigolo dell’attuale Camera di Commercio,si percorreva la contrada della Peschiera dei Borsinari , la corsia del Duomo e la corsia dei Servi per giungere fino alla chiesa di S. Babila.Da li si raggiungeva la corsia di Porta Orientale ( da cui entrò Renzo a Milano nei Promessi Sposi) che era aperta sulle mura medievali all’incrocio con la via S. Damiano.
-uscendo dal portone nuovo si proseguiva per la contrada S. Margherita e da li per la corsia del Giardino (attuale Via Manzoni) e si giungeva alla Porta Nuova,caratterizzata dalle due fornici ancora oggi visibili che era in passato posta tra i terraggi della Spiga e dell’Annunciata
-Appena usciti dalla porta del Cordusio o dei Fustagnari (distrutta nel 1887) ci si portava verso la Porta Comasina. Questa tagliava l’attuale via Manzoni all’incirca all’altezza del Vicolo del Gallo.Ancora non esistente la via Dante per giungere alla porta Comasina medievale bisognava attraversare l’attuale via Broletto
-Usciti,invece,dalla porta di S. Michele al Gallo che ad oggi possiamo identificare con il voltone delle Scuole Palatine si seguiva l’antico asse stradale romano che giungeva fino a piazza della Rosa e girando a destra raggiungeva la Porta Vercellina di cui abbiamo un richiamo e un ricordo nella chiesa di Santa Maria alla Porta. La porta Vercellina si apriva fu in seguito aperta più verso la campagna,all’incrocio tra lo stradone di S. Gerolamo e il naviglio (attuale Via Carducci).
Per giungerci era necessario percorrere il tratto più occidentale della attuale Via orefici(contrada S. Michele ,l’attuale via Casati (allora via del Mangano),la via S. Maria Segreta (oggi via Negri) ,il tratto non più esistente di San Vittore al teatro e giunti al vicolo di Santa Maria alla Porta si proseguiva per il Carrobbio di Via Brisa. Ultimo tratto era caratterizzato dall’imbocco vero e proprio in Corso di Porta Vercellina, superato il cui ponte sopra il naviglio si entrava nel Borgo delle Grazie.
– Superato il portone del Podestà a est della piazza ,lasciando a sinistra il quadriportico di S. Tecla si imboccava il tratto in cui faceva capolino un grosso flusso di traffico che proveniva da Porta Ticinese,Porta Vittoria. Nella località del Malcantone , all’altezza del Rebecchino (portici meridionali) si intersecava la strada che proveniva dalla Pusterla Tosa che era stata inserita tra la Porta Orientale e la Porta Romana. Questo portò ad un intenso traffico che si articolava,a fatica,sulla Via Restelli, via larga ,Vicolo di S,Bernardino dei Morti(scomparso),via delle Ore,piazza Fontana,via Tenaglie(scomparsa)Verziere.
Come possiamo vedere ,era quindi piuttosto facile perdersi nei vari vicoli della città,considerando inoltre che la numerazione civica fu adattata soltanto nel 1785 i nostri concittadini per orientarsi doveva spesso far riferimento a nomi di palazzi vicini ,chiese,conventi o monasteri. Strade ingombre di muli,carri,galline,cavalli e cavalieri, girovaghi, saltimbanco,venditori rendevano la situazione caotica tanto che nel 1791 una grida intimava ai carrozzastri di non andare ad una velocità eccessiva,pena 100 scudi di multa.
inesistenti i marciapiedi le proprietà più blasonate poi restringevano ancora di più il passaggio con paracarri o catene. Intralci per gli stinchi e le caviglie dei poveri milanesi a cui facevano richiamo le varie grate o griglie sconnesse presenti in gran numero e che ,destinate a botole o gole di lupo per cantine e letamai,diventavano un vero pericolo per i più distratti.
Vedremo nella seconda parte dell’articolo i vari sestrieri,le varie contrade per giungere poi,usando le viottole a zampa d’oca che portavano alle porte in uscita dalla città,le sei porte poste a difesa degli accessi alla città e le pusterle.

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IL PRETE SEPOLTO VIVO DI SAN TOMASO IN TERRA MALA.

Chiesa di San Tomaso in Terra Mala a Milano - Architetto G. Arganini

A Milano, nella centralissima via Broletto, in pochi si accorgono della presenza di una chiesa. Abituati a soffermarsi ad osservare Palazzo Carmagnola cercando d’intravedere lo spettro di Cecilia Gallerani affacciarsi ad una delle finestre, l’edificio religioso sito a poche decine di metri passa sicuramente in secondo piano.
Piuttosto anonima, con una breve scalinata d’accesso ed un modesto colonnato, la chiesa di San Tomaso in Terra Mala si confonde nella monocromia della via.
Eppure, a quanto narra la leggenda, è un luogo che meriterebbe certamente più attenzione.
Questo curioso nome può rifarsi a due origini diverse. La prima, di tipo storico, in quanto questa era la zona nella quale, durante il periodo romano delle persecuzioni, i cristiani venivano torturati ed uccisi.
Una seconda versione, sicuramente più suggestiva, narrerebbe la storia di un parroco sepolto vivo. Infatti, a causa della sua avarizia, si rifiutò di celebrare il funerale di una povera famiglia che non poteva permettersi di pagarlo. Il caso vuole che il Duca della città Giovanni Maria Visconti, passando a cavallo, scorse la povera vedova in lacrime. Venuto a conoscenza dell’accaduto pagò egli stesso il funerale ed ingaggiò l’avaro prete meditando vendetta.
Quando la bara fu calata nella fossa, Giovanni Maria ordinò al prete di entrare nella cassa insieme al morto. L’uomo di chiesa cercò aiuto nella folla, ma, conoscendo la sua pessima condotta, nessuno corse in suo aiuto.
Fu così sepolto vivo e quel luogo battezzato col nome di ‘terra amara’. Quando in seguito, in quella zona fu eretta una chiesa, assunse l’evocativo nome di San Tomaso in Terra Mala.
Semplice leggenda? Verità? Per scoprirlo bisognerebbe esplorare le fondamenta dell’edificio sacro e chissà che, prima o poi, il mistero non venga svelato proprio dal team di Milano Sotterranea e Sconosciuta…

William Facchinetti Kerdudo

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La metropolitana milanese tra modernitá e archeologia.

Tra i sotterranei che solcano la città di Milano, quello più esteso è, senza ombra di dubbio, quello della Metropolitana.

Il 1° novembre del 1964 muove i primi passi la Linea 1, conosciuta successivamente come “La Rossa”.

Si tratta di gallerie decisamente moderne, con le videocamere di sicurezza, i cartelloni pubblicitari e le scale mobili. Il trasporto pubblico milanese cambierà radicalmente e alla “rossa”, seguiranno altre due linee, la “verde” e la “gialla”.
Senza contare il passante ferroviario.
Oltre cinquanta chilometri di gallerie in sotterraneo, frequentate quotidianamente da migliaia e migliaia di persone.

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Durante la loro realizzazione sono stati intercettati resti di costruzioni antiche di interesse archeologico, si pensi anche che la stessa piazza d’armi del castello Sforzesco è attraversata dalla metropolitana, per cui possiamo immaginare quali segreti sotterranei siano stati intercettati e scoperti durante la sua realizzazione.

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Nel 1961, durante i lavori per la realizzazione della fermata “Duomo”, sono stati intercettati i resti di un battistero.Quattro metri sotto al sagrato del Duomo si ritrovarono i resti della precedente edificazione, la basilica paleocristiana intitolata a Santa Tecla.

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Distrutta dal condottiero Attila nel 452 venne ricostruita solo trecento anni dopo, attraversò ricostruzioni, subì incendi e resistette a numerose guerre in età medievale.Venne demolita nel 1458, sia perché ritenuta pericolante, sia perché occorreva dare spazio all’edificazione della nuova cattedrale che oggi tutti conosciamo.

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Resterà seppellita dalla crescente ed inarrestabile urbanizzazione della città.I suoi resti sono oggi esposti e fruibili e rappresentano un buon esempio di valorizzazione di un bene culturale.

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BUCCINASCO CASTELLO E IL TUNNEL DEL MORO.

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La prima volta che siamo stati a Buccinasco castello,piccola frazione del comune di Buccinasco,ci siamo arrivati in bicicletta. Durante una di quelle pedalate estive in cui senza una meta precisa ti perdi tra le risaie,i campi coltivati a mais e i fontanili che nonostante tutto, ancora resistono appena fuori Milano.Il primo impatto con l’antichissimo borgo porta a pensare di essere in un mondo e in un ambiente lontanissimo dalla città e dalla tangenziale che corre vicinissima.
Il fascino che si subisce è diverso da quello abitualmente comunicato dai tipici ambienti delle cascine lombarde,forse dovuto dall’insieme degli edifici adibiti all’agricoltura che si sono sviluppati e raccolti intorno al castello-villa.
La palazzina sorge su luoghi molto antichi e presumibilmente fu edificata sui manufatti di un accampamento romano del II secolo a.c. (si notato materiali come le colonne basate su mattoni, tipiche degli accampamenti fortificati così come ce li tramandano affreschi e mosaici romani) posto lungo la Ticinum-Medilanum (asse penetrativo della città e cardine di Milano), via o strada, tra l’altro antichissima, utilizzata per il commerci europei e mediterranei fin dall’età del Bronzo.
Risale alla fine del trecento e nell’epoca delle Signorie divenne con i castelli di Rozzano, Cassino Scanasio e Cascina Guardia caposaldo di un sistema difensivo a qualche miglio dalla città di Milano.
E’ nota sopratutto per essere stata la palazzina di caccia di Ludovico il Moro (la cui presenza in loco è accertata storicamente da alcuni documenti a noi pervenuti in cui si afferma che “Ludovico il Moro fu a Buccinasco in casa di Madonna Antonia, dove erano tante belle cose che poco rendevano quel luogo differente dal Paradiso”.Questo stralcio di documento,datato 1463,ci testimonia che il Duca di Milano frequentava il borgo e che anche in seguito, Ludovico vi tornò per vedere i lavori di restauro del castello anche in compagnia del Maestro Leonardo).

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L’edificio è un monoblocco in mattoni intonacato sulla fronte d’accesso(lato sud-est),mentre quella opposta verso la campagna (nord-ovest) è elegantemente caratterizzataal piano terra da un portico di cinque campate con archi a pieno centro e sul piano superiore, da colonne a dieci campate.
Un locale voltato disimpegna tra una fronte e l’altra i vari ambienti all’interno. Di proprietà dei marchesi Brivio – Sforza, è adibito ad abitazione rurale ed è sotto vincolo di tutela ambientale (D.M. del 28.1.1982).

Buccinasco_Castello_-_Facciata

Nelle immediate vicinanze della palazzina sorge la minuscola chiesa della Beata Vergine assunta(di cui si hanno notizie certe fin dal 1300),costruita a servizio della villa e del relativo borgo.
L’interno è grande poco più di una stanza,spoglia ma arricchita da un affresco,tutelato dalla Soprintendenza,raffigurante una crocifissione.

Buccinasco_Castello_-_Crocifisso

Alcuni studiosi d’arte sono convinti inoltre che lo stesso Leonardo operò nella chiesina, lavorando sulle figure di San Giovanni e di Sant’Apollonia.
L’intero complesso possiede un “passaggio segreto” che univa la palazzina alla chiesa e alla cascina Battiloca.
Questo camminamento è notissimo agli abitanti della zona e fino agli anni ‘70 del secolo scorso era ancora parzialmente percorribile tanto che alcune maestre delle scuole dei dintorni portavano gli alunni nell’ambiente ipogeo e facevano percorrere ai ragazzi questo antico camminamento.
L’accesso al tunnel è oggi murato ma le nostre ricerche ci hanno portato ad individuare dove si trovi.Sarà nostro dovere mostrare,in esclusiva,le immagini del tunnel non appena ci saranno dati i relativi permessi.Il nostro intento è di rendere noto l’intero sistema logistico sotterraneo collegato alla difesa militare strategica del Ducato di Milano perfezionato durante la Signoria degli Sforza con l’apporto fondamentale di Leonardo.

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IL CIMITERO MONUMENTALE DI MILANO TRA STORIA, LEGGENDE E SIMBOLI MASSONICI

FAMEDIO

Dopo il Duomo di Milano, il cimitero Monumentale è una delle attrazioni turistiche più visitate della città.

Iniziato nel 1863 sotto progetto di Carlo Maciachini, venne inaugurato il 2 novembre (non poteva esserci giorno più indicato) del 1866. Inizialmente adibito a semplice cimitero comunale, venne riconvertito unicamente e definitivamente in ‘luogo eletto all’arte funeraria’ nel 1895.

Il primo imponente edificio che s’incontra superando i cancelli d’entrata è il Famedio. Originariamente pensato come chiesa, subì una trasformazione d’uso e già dal 1887 venne utilizzato come luogo per celebrare i cittadini milanesi famosi. La scalinata di accesso conduce al nucleo centrale che poi si dirama in gallerie di levante e di ponente, superiori ed inferiori dove, all’interno di un sarcofago, riposa il più celebrato poeta e scrittore Milanese: Alessandro Manzoni.

CIMITERO MONUMENTALE - SCORCIO

Esistono due curiosità legate al corpo del Manzoni. Il 31 ottobre 1960, durante i consueti lavori per l’imminente festa dei morti, l’arca contenente l’illustre scrittore milanese fu spostata con l’argano da una delle pareti nella quale era stata posta al centro del Famedio, dove si trova tuttora. In quell’occasione venne sollevato anche il pesante coperchio di marmo ed avvenne un piccolo miracolo. Nello stupore generale degli operai, dalla tomba aperta si sprigionò una luce abbagliante. Il fatto risultò tanto eccezionale che trovò spazio anche su articoli di quotidiani dell’epoca. Naturalmente, come accade spesso in questi casi, sarebbe bastato analizzare l’accaduto con un occhio più scettico e razionale per scoprire che in realtà la luce abbagliante era stata causata da un raggio di sole che aveva colpito e si era riflessa sulla bara interna nel quale giaceva il Manzoni, fatta di cristallo.

Altro fatto miracoloso, ma che anche in questo caso risultò in seguito di facile risoluzione, fu nel trovare la salma di Alessandro Manzoni in perfetto stato di conservazione a distanza di più di ottant’anni dalla sua morte. La spiegazione era ovviamente dovuta al fatto che il corpo era stato imbalsamato.

Per avere il privilegio di essere sepolti all’interno del Famedio, è necessario avere (o meglio, aver avuto) determinati requisiti. Oltre al fatto di essere nati a Milano o di averci vissuto per un lungo periodo, i ‘candidati’ vengono scelti per selezione meritocratica che può essere raggruppata in tre distinte categorie: gli illustri (che hanno eccelso in campo letterario, artistico e scientifico), i benemeriti (che con le loro azioni hanno dato lustro e fama alla città) ed i distinti nella storia (coloro che hanno contribuito all’unità ed all’evoluzione nazionale).

Tra gli ultimi noti personaggi dell’arte e dello spettacolo che hanno trovato riposo nel Famedio, annoveriamo Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e la poetessa Alda Merini.

Nel cimitero Monumentale si concretizza infatti il pluralismo ideologico del XIX secolo, sia architettonico che si sbizzarrisce con stili che vanno dal romanico all’egizio, dall’assiro al gotico fiorito, sia religioso con simboli cristiani, ebraici, pagani e… massonici.

Un evidente monumento funebre che celebra la massoneria, si trova infatti all’interno del Crematorio.

Non dobbiamo sottovalutare l’importanza di questa struttura che fu la prima in assoluto in Italia a cremare un uomo. E’ necessario infatti rammentare che la religione cattolica e la Chiesa avevano sempre vietato con fermezza tali tipi di ‘accanimento’ su un defunto. Era infatti in evidente contrasto con il loro credo della resurrezione della carne. Incenerire un corpo era peccato. L’ascesa della cultura in campo scientifico, l’ateismo ed il problema costante di spazio per i cimiteri, favorirono comunque la via della cremazione.

CIMITERO MONUMENTALE - CREMATORIO

Il crematorio fu fortemente voluto dall’industriale e commerciante nel campo della seta Alberto Keller (1800-1874). Venne realizzato nel 1875 su progetto di Carlo Maciachini e Cleste Clericetti con stile dorico-greco.

Keller non vide mai il crematorio realizzato (morì l’anno prima della sua costruzione), ma ebbe l’onore di essere il primo uomo in Italia ad essere cremato nel 1876.

Il crematorio del cimitero non viene più utilizzato da diversi anni, ma il suo ‘macabro fascino’ rimane immutato.

CIMITERO MONUMENTALE - CREMATORIO - INTERNO - MONUMENTO A FEDELE SALA (DETTAGLIO SU SQUADRA) Al suo interno sono esposte diverse urne cinerarie della fine del XIX secolo. L’entrata è costituita da un vestibolo colonnato a doppio emiciclo che si apre su un corpo centrale a base quadrata nel quale, sulla destra, scopriamo il monumento funebre a Fedele Sala.

Lo stupore sarà immediato nel notare due particolari che non lasciano alcun dubbio sull’appartenenza di Sala alla massoneria: l’occhio racchiuso nel triangolo e la squadra con compasso intrecciati.

di William Facchinetti Kerdudo

Sul cimitero monumentale di Milano è stato prodotto questo servizio, per la rubrica “Pillole di Misteri“:

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Un UFO crash nel cuore di Milano. Il Duce richiede il massimo segreto.

E’ la notte del 13/06/1933 quando Benito Mussolini, il Duce, viene svegliato nel cuore della notte.
Un oggetto volante non identificato sarebbe precipitato su Milano.

Questa è la notizia che molti scrittori riportano, mentre per altri, il disco volante non sarebbe caduto a Milano, ma vicino a Vergiate, in provincia di Varese.

In ogni caso l’ordine immediato è quello di recuperarlo con tempestività e discrezione, e di nasconderlo in un luogo sicuro per poterlo studiare.

Questa sarebbe in ogni caso la prassi comune che si sarebbe adottata nel caso di un velivolo offensivo proveniente da un esercito nemico. In quei casi, anche a conflitto terminato, si sarebbe poi saputo dai rapporti la natura del velivolo.

Nel caso dell’UFO crash del ’33, invece, non si seppe più nulla.

Inizialmente è possibile che l’aeromobile sconosciuto sia stato trasportato nel grande bunker degli stabilimenti della Caproni, tutt’ora esistenti, anche se dismessi e resi inaccessibili dalle successive e più moderne edificazioni sovrastanti.

Da lì l’UFO sarebbe stato portato a S. Anna di Vergiate, presso gli stabilimenti della SIAI Marchetti, dove lo avrebbe studiato un’equipe di ingegneri aeronautici. Alcuni ipotizzano che questo veicolo volante sarebbe poi stato trasportato in Germania, ma anche in questo caso brancoliamo sul sentiero delle teorie.

I pochi documenti ritrovati, relativi a questo episodio, provengono dall’Agenzia Stefani, una sorta di Ansa dell’epoca, in cui appare chiarissimo l’obbligo di silenzio e di massima riservatezza richiesto.

Il CUN, Centro Ufologico Nazionale, ha recuperato e tuttora conserva, alcuni dispacci dell’epoca in cui, per chiare direttive del Duce, si evincono toni molto severi circa la divulgazione di informazioni su questo caso. Si leggono “previste max pene per i trasgressori“, “immediato arresto“.

«D’ordine personale del Duce disponesi immediato – dicesi immediato – arresto diffusione notizia relativa ad aeromobile natura e provenienza sconosciute di cui a dispaccio Stefani data odierna ore 7.30 (…) Dir. Gen. Affari Generali. Fine stop».

In seguito a questo episodio ed alle forti censure che ne seguirono, pare venne creato un organo per lo studio di questo caso, noto come RS/33, ovvero Ricerche Speciali 33, composto da Galeazzo Ciano, Italo Balbo, Guglielmo Marconi e molti altri scienziati italiani. Ufficialmente durò fino al 1940.

In seguito alla diffusione di questa notizia, in epoca contemporanea, in molti hanno provato ad avvicinarsi a questi stabilimenti, all’apparenza abbandonati. Pare che ogni tentativo di incursione da parte di questi sprovveduti curiosi, sia stato inibito da uno spiegamento di forze militari anche ancora oggi presidierebbero di nascosto gli stabilimenti abbandonati. Forse nel sottosuolo c’è ancora qualche attività in corso?

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